Beltane, Walpurga e Calendimaggio sono feste e tradizioni molto antiche, oggi unite perché cadono tutte e tre fra il tramonto del 30 aprile e il 1 maggio.
Beltane o Beltaine o Beltain deriva dall’antico irlandese Beletene, “fuoco luminoso“.
In Irlanda è tradizionalmente il primo giorno di primavera e inoltre è così chiamato il mese di maggio.
Maggio è il mese in cui iniziano le attività estive legate alla terra, e anticamente era anche il momento in cui il bestiame veniva portato ai pascoli dopo lo svernamento.
Il Neopaganesimo indica Beltane come una festività celtica e ha unificato simboli e tradizioni delle tre festività.
In realtà Beltane non avrebbe origine celtiche, bensì gaeliche, dato che popoli celtici quali, per esempio, Galli, Gallesi e Bretoni, non celebravano tale ricorrenza.
Per la tradizione irlandese a Beltane erano giunti i Tuatha Dé Danann, gli dèi supremi di Erin che portarono sull’Isola di Smeraldo il druidismo, la magia e i Quattro Oggetti Sacri: la Pietra del Destino, la Lancia di Lugh, il Calderone di Dagda e la Spada di Nuada.
I Tuatha Dé Danann e il loro arrivo rappresentarono un salto di qualità nelle figure mitiche e nei loro poteri (che si riflettono nel nostro mondo interiore): si battevano contro gli oscuri Fomori e dettero alla tradizione celtica un impulso poetico straordinario. Inoltre, ciò che li legò maggiormente a Beltane e che li rende interessanti per noi è il fatto che questi dèi luminosi erano al tempo stesso Individualità e Forze della Vita, Personaggi e Forme del Territorio.
Fonti gaeliche del X sec. affermano che i druidi accendevano dei falò, servendosi di sette tipi di legname (tra i quali spiccava il legno di quercia e di nocciolo) sulla cima dei colli e che vi conducevano attraverso il bestiame del villaggio per purificarlo e proteggerlo dalle malattie. Anche le persone attraversavano tali fuochi sacri, allo stesso scopo e anche per predire l’altezza del raccolto dai salti effettuati.
Quando la Ruota incomincia a girare
Comincino i fuochi di Beltain a bruciare
Tale usanza persistette attraverso i secoli e i popolani sostituirono i druidi nell’accendere i fuochi, e questo sopravvive ancora oggi in alcuni luoghi.
Una celebrazione di Beltane, per esempio, si tiene ogni anno, nella notte del 30 aprile, a Calton Hill, vicino ad Edimburgo, in Scozia, e si dice vi partecipino circa 15000 persone.
Tradotto dal gaelico, la parola Beltane significa “i fuochi di Bel”. Questa festa veniva infatti celebrata in onore del dio Bel-Belanu, il supremo dio della luce, ed era la festa della vittoria della luce sulle tenebre.
Beltane come Samhuin e le altre feste celtiche, era un momento particolare dell’anno in cui il mondo reale e “l’altro mondo” si incrociano, offrendo così la possibilità di entrare in contatto con il regno degli Spiriti e quello delle Fate.
Tra Aprile e Maggio le tradizioni ricordano l’irrompere dell’elemento magico e fatato: infatti, nella notte di Valpurga si radunavano le streghe, i diavoli e tutte le creature che durante l’anno erano tenute a bada.
L’elemento dionisiaco penetra a risvegliare il mondo e la natura dal lungo torpore invernale. Il mondo antico sapeva quanto valesse il ritorno della stagione calda e godeva di quel tempo con tutto l’entusiasmo di cui poteva disporre.
Ma Beltane era in primo luogo la festa sacerdotale del fuoco sacro e dei riti di fertilità.
In questo giorno si celebravano i riti di fecondità della terra, per la propiziazione dei raccolti, nei quali la Dea Madre si univa al Dio Solare perché avvenisse la fecondazione rappresentata dai raggi del sole (simbolo del dio Bel) che da questo giorno iniziano a farsi più caldi e a riscaldare la terra (la Dea) per dare il frutto della vita.
Festività che segnava il tempo della fine dell’inverno e l’inizio della Metà Chiara dell’anno. Secondo la tradizione celtica era il periodo di Nerz, la Forza-Vitalità-Potere che porta a manifestare sul piano fisico e materiale le energie della vita.
Nella notte fra il 30 aprile e il 1 maggio le tenere forze primaverili fronteggiano l’ultimo attacco alle ultime forze invernali che incarnano il male sotto ogni sua forma e lo vincono: è la lotta fra l’imminente estate e gli ultimi freddi invernali, l’eterna lotta fra bene e male.
Celebrazioni
Le celebrazioni di questa notte risalgono a moltissimi anni prima del Cristianesimo e nascono anche dal terrore dei contadini che in questo periodo, avendo terminato le scorte nei granai e preparato la terra per il nuovo raccolto, dovevano affrontare gli ultimi freddi e la fame ricorrendo alla caccia o all’uccisione degli animali nelle stalle e nei cortili per sopravvivere.
In questa notte si celebrava madre natura per assicurarsi la sua protezione sulla terra e sulle pianticelle appena nate e per propiziarne la benevolenza per far si che le ultime gelate e gli ultimi sussulti di mal tempo, mandati dalle forze malefiche, non riuscissero a distruggere i teneri germogli importanti per il prossimo raccolto.
Per esorcizzare queste forze malefiche negative era abitudine praticare svariati riti per costringere i demoni alla fuga. Per questo nella notte nascevano numerosi falò, si effettuavano cerimonie con l’aiuto delle potenti forze della natura guidabili con la concentrazione e il pensiero degli officianti. Si bruciavano fantocci simbolici con i quali si dava fuoco al male impersonificato.
Dopo questa magica notte arrivano le luci dell’alba del giorno successivo, il 1 maggio, che giungono a fugare ogni paura, ogni demone
Le potenze positive proclamano la loro vittoria sul male.
Il primo maggio era ed e’ quindi un giorno e una notte di grandi festeggiamenti, in cui si può passeggiare nelle campagne, per i boschi, danzare, ringraziare le forze della Natura, festeggiare e astenersi dal lavoro. Da qui la festa odierna dei lavoratori.
A Beltane in antichità si spegnevano tutti i fuochi dentro le case, si preparava un grande falò rituale e con la sua fiamma si riaccendevano i fuochi domestici.
Era, quello, il sacro fuoco di Bel o Belenos, l’importante dio celtico con attributi solari he abbiamo visto prima, e che possiamo associare al classico Apollo.
Bel significa “brillante” e porta la stessa radice di Belisama, la Sublime Dea “molto luminosa”.
Il grande albero sacro
Lo ritroviamo nelle Gallie, in Britannia e in Irlanda, dove prende anche i nomi di Beli e Bile – quest’ultimo in gaelico significa «grande albero sacro» e nella tradizione popolare, proprio per l’occasione, si innalza il Palo del Maggio adornato da strisce di stoffa colorate.
Il Palo di Maggio è un elemento importante nella tradizione celtica di Beltaine.
E’ sostanzialmente un lungo tronco piantato a terra, alla cui cima sono legati dei nastri colorati con i quali i danzatori eseguono intrecci decorativi ballando intorno al palo. Man mano che la danza si svolge intorno al palo, ruotando in cerchio, i nastri si attorcigliano creando un bellissimo effetto multicolore.
Originalmente i pali erano in betulla e i giovani danzavano intorno ad essi durante la festosa celebrazione.
In modo particolare le fanciulle strofinavano i propri genitali sulla betulla (simbolo della Grande Madre) per propiziarne la fertilità.
Inoltre Beltane celebra l’amore, l’attrazione, il corteggiamento, l’unione, e tutti quei piccoli e grandi desideri istintivi che chiamiamo “febbri” o “amori” primaverili.
Molto prima che fossero incoronate la reginetta e il re del liceo e fossero inventate le elezioni di miss “quellochevolete”, i villaggi eleggevano una bella giovane coppia per rappresentare il re e la regina di Maggio, che nei paesi anglosassoni venivano chiamati John Thomas e Lady Jane.
Questi poi danzavano, insieme poi anche al popolo, intorno ad un palo piantato ben piantato a terra nel centro dello spiazzo dove si teneva la festa, un palo che si innalzava verso il cielo, un palo simbolo di vitalità, un palo di legno di betulla, albero di resurrezione, ornato con strisce di stoffa colorate o dipinto.
Nel mondo germanico Beltane è la notte di Valpurga, celebrata tra il 30 aprile ed il 1º maggio con canti, balli e falò che radunano anche fino a migliaia di persone.
Walpurg rappresentava l’irrompere definitivo delle forze vitali nella Terra di Mezzo e sui suoi abitanti.
Era il momento in cui viene reso omaggio agli spiriti domestici e anche quello in cui è possibile stringere dei Patti con i Landvaettir (Spiriti della Terra).
E simbolo di Walpurg sono i Pali di Maggio, che in Scandinavia, Germania e Inghilterra, venivano spesso eretti su gradini o terrapieni al fine di riprodurre simbolicamente l’Yggdrasil, l’Albero Cosmico sacro agli antichi popoli appartenenti a questa Tradizione.
L’albero aveva simbologia di fecondità a vitalità, può ricordare “l’albero cosmico” su cui il dio Odino-Wotan passò nove giorni e nove notti prima di conoscere le rune, simboli di potere della tradizione nordica.
Ma il dio Odino è anche dio della guerra e nel mese di maggio per tutto il medioevo cominciavano le “campagne militari di primavera”.
“Campo di maggio” si chiamava nell’età carolingia l’assemblea annuale degli armati.
Maggio come mese di vita, di amore e di guerra, in cui tutte le forze e le energie sbocciano, per tingere con il sangue dei cavalieri la terra, sangue offerto in battaglia come seme per la terra.
I Pali di Maggio vennero vietati in Inghilterra nell’aprile del 1644 dal governo e fu decretato lo sradicamento di quelli permanenti, infliggendo così un duro colpo alle celebrazioni locali che avevano ancora un sapore pagano. Anche dopo la disfatta della Repubblica e la restaurazione della monarchia, molti di questi Pali non furono mai rimessi a loro posto.
In Italia si celebrava il Calendimaggio, o “cantar maggio”, una festa di chiara ispirazione pagana che si celebra soprattutto nelle campagne.
Non si conosce l’origine di questa festa, ma ancora oggi rimane l’uso, dal Nord al Sud Italia, di riunirsi per i “canti di maggio” dove i musici vanno di casa in casa suonando e cantando canzoni antiche con funzioni magico-propiziatorie, un vero e proprio rito in cui spesso viene svolta una questua dove, in cambio di doni (tradizionalmente uova, vino, cibo o dolci), i maggianti (o maggerini) cantano strofe benauguranti agli abitanti delle case che visitano.
Simbolismi
Beltane è anche detto il tempo del latte e del miele. Dopo il risveglio primaverile i corpi sono pieni di energia, siamo nelle prime ore del mattino immaginario della Ruota dell’Anno. Questo è il tempo migliore per sbocciare e fiorire.
I due animali simbolici legati a questo giorno sono la mucca e l’ape.
La grande capacità della mucca di produrre latte in quantità per il vitello e per la gente rispecchia il prodigio e la meraviglia per l’allattamento al seno delle madri con i loro bambini.
La bellezza della Dea e di tutte le donne che allattano è vividamente illustrata in un mucchio di dipinti dal Rinascimento in poi, basti pensare alle Marie che allattano i Bambin Gesù.
E la creazione del miele da parte delle api una volta era considerata una vera meraviglia della natura. La spiegazione scientifica della produzione del miele che coinvolge enzimi ed il polline dei fiori non era stata chiarita fino al 19° secolo. E il miele è la sostanza naturale che veniva considerata come la più buona del mondo.
Il simbolo dei corni della mucca è collegato con la Madre Terra, la Dispensatrice di Latte – linfa vitale, nella maggior parte delle culture.
Nell’Egitto Iside portava una specie di copricapo che faceva parte dell’acconciatura con una luna racchiusa ed abbracciata da due corna vaccine.
Invece Hathor è la mucca celestiale, e le gocce del suo latte spruzzate qua e là hanno dato origine elle stelle che illuminano la notte: la Via Lattea.
Che dire poi della cornucopia di origine romana?
Un corno pieno di ricchezze, simbolo della fertile Madre Terra; simbolo di Fortuna e in genere simbolo di ringraziamento.
Un importante ritrovamento degli scavi archeologici di Marija Gimbutas è la figura d’argilla di testa e corna bovine circondate da api. La figura è oltretutto da rimarcare per la rassomiglianza con gli organi interni della riproduzione femminile: utero, trombe di Fallopio e ovaie visti di fronte ricordano schematicamente proprio la testa di una mucca.
In Lituania, l’antica arte della Divinazione (eseguita per lo più da donne) consisteva nel versare cera d’api nell’acqua e nell’interpretare le forme che vi apparivano.
Come molti altri insetti, le api simboleggiano inoltre l’immortalità e la longevità.
Il re franco Childric I si fede seppellire con trecento api dorate finemente lavorate. Le stesse api furono intessute sullo strascico che Napoleone I indossò il giorno dell’incoronazione.
Inoltre, anticamente si credeva che cera d’api e miele preservassero da invecchiamento e morte.
Nella tradizione germanica, si riteneva che le api sbucassero sulla terra da un paradiso sotterraneo, dove vivevano con le fate; e l’idromele – il liquore che si ottiene dal miele fermentato (bevanda tipica di questa festa) – dava il dono della profezia e del canto.
Zeus bambino fu nutrito dalle api nella grotta del Dio.
In Grecia, i tempi dedicati a Demetra erano curati da sacerdotesse conosciute come le “melisse”, cioè le api.
Il dio indiano Vishnu è spesso visto come un’ape blu appoggiata su un fiore di loto, che rappresenta la Dea.
Secondo una leggenda cristiana, le api furono generate dalle lacrime di Cristo, il che ricorda la divinità nordica Freya, le cui lacrime erano dorate.
I Babilonesi costruirono templi che consacrarono poi con il miele ed in Perù veniva offerto miele al Dio Sole.
Ad un neonato in India si dava questa benedizione:
”Ti dono questo miele, che gli Dei ti proteggano, e che tu possa vivere centinaia di autunni in questo mondo. “

La festa del Drago
Beltaine è anche detta Shuda Draka la Festa del Drago.
Il drago è il simbolo dell’universo che compare dallo squarcio del caos e della sua possente energia, che si riflette nella Natura a cui fanno riferimento gli uomini nell’interpretazione del Mistero.
Il fuoco, elemento centrale della festa, interpreta il potere mistico e creativo del drago.
Il drago è la figura mitica della cultura druidica che impersonifica la Natura e i suoi poteri, celesti e tellurici.
La figura del drago è conosciuta presso tutti i popoli della Terra, antichi e moderni, anche con attributi mistici.
Il suo simbolismo si riferisce alla nascita dell’universo, quell’ evento misterioso che ha dato origine a tutto ciò che fa parte del mondo che conosciamo e alla nostra stessa presenza in esso.
Secondo una antica leggenda druidica:
all’inizio del tempo c’era solo il Vuoto. Esisteva l’abisso degli abissi, ribollente e senza fine del caos. Era incomprensibile, profondo e immenso e si perdeva nell’infinito che è all’origine del tutto. Poi, un giorno, questo abisso si squarciò all’improvviso, e dentro ad esso si aprì una breccia e si formò una grande voragine. E da questa voragine uscì fuori con un salto il Drago da cui ha origine la nostra esistenza
Questa celebrazione era caratterizzata dall’attività festosa dei suoi partecipanti. Venivano battuti i tamburi, che rappresentavano il suono incessante del pulsare della vita, intorno al fuoco che simboleggiava il drago che esce dalle viscere della terra.
Le cornamuse e le trombe rappresentavano le urla guerresche prolungate di risposta del drago; le urla dei guerrieri ricordavano il potere di Mat, il Creatore, a cui si riferivano i viventi per realizzare le loro opere spirituali, terapeutiche e sociali. Questo rituale rappresentava il risveglio del potere del drago che sosteneva i viventi per realizzare le loro opere e vincere i nemici.
In Bretagna, così come in Cina, esiste il simbolismo del dragone. Nel simbolismo bretone, il dragone simboleggia il punto cardinale dell’est, associato al sole levante, alla fertilità, e anche qui viene legato alla festa del 1° maggio, Beltaine.
Il grido del dragone al primo maggio anticamente annunciava la ripresa della guerra o la minaccia di una guerra. E’ proprio a Beltaine che arrivarono in Irlanda più ondate di invasori.
Il drago che esce dalla terra per difendere il suo suolo natìo rappresenta la foga guerriera di un popolo e del suo capo militare.
La rappresentazione del drago ha avuto una funzione magica fino dall’antichità, sia presso i Celti sia presso gli Sciiti e poi i Sarmati dall’età del bronzo e più genericamente dall’età del ferro.
E’ una delle figure più privilegiate del periodo denominato “lo stile delle spade” a partire dal IV secolo a.C.
Un drago a forma di “S” o di lira, finito con una mascella a forma di arabesco, orna le cinture, gli attacchi dei caschi e tutti i foderi di spada scoperti in Francia, Inghilterra, Irlanda, Ungheria, nelle sepolture o nei corsi dei fiumi dove sono stati gettati per offerta.
Una delle scene meno conosciute del vaso rituale proto-celtico di Gundestrup mostra un dio che brandisce un dragone in ciascuna mano allo stesso modo del signore degli animali babilonese. Sullo stesso calderone, dei guerrieri soffiano dentro i carnyx, le trombe di guerra celtiche. Questi corni verticali terminano con una testa di animale simile al dragone producendo dei suoni spaventosi accentuati da claquoirs di legno.
Nei racconti folkoristici cinesi, i draghi, piuttosto saggi e benevoli, vennero in aiuto a poveri contadini meritevoli colmandoli di gioielli. Bisogna rispettarli per accattivarsi le loro buone grazie.
In senso generale, il drago era dunque benefico e annunciava fortuna e felicità.
Dopo aver passato l’inverno sotto terra, esso si invola in primavera, raccoglie in cielo le nubi e provoca i colpi di tuono facendo cadere la prima pioggia.
Per paura che non si svegli, i cinesi celebrano in primavera una festa in suo onore, la più rumorosa possibile, con dei gong, dei tamburi e dei petardi.
Un rituale ancora oggi praticato a Taiwan o nelle comunità cinesi degli USA.
Nell’alchimia troviamo il simbolismo cosmologico del drago nell’Uroboros, un drago-serpente che si chiude su se stesso mordendosi la coda, a significare l’esistenza finita e infinita su se stessa. Tutto è in Uno e Uno è in Tutto.
Alle volte l’Uroboros è rappresentato da due draghi che si divorano vicendevolmente. In questo simbolismo, il drago viene liberato dall’uovo che lo contiene, a mezzo di una spada che produce la dissoluzione dei quattro elementi che lo tenevano prigioniero. Questo simbolo indica il cammino evolutivo dell’uomo che si separa dal mondo materiale per evolvere spiritualmente in stati superiori di esistenza.
Va notato come queste celebrazioni antiche, apparentemente slegate dal contesto della cultura in cui siamo immersi, siano rimaste profondamente segnate nella memoria dell’umanità e quanto siano aderenti ai bisogni naturali dell’individuo.
In queste celebrazioni antiche si ritrova il legame con la Natura e si scopre che il sacro e il profano non sono elementi slegati, ma possono coesistere in una stessa esperienza di vita. Un concetto apparentemente semplice, di cui tuttavia siamo stati privati.