Nella mitologia greca Demetra, “Madre terra” o forse “Madre dispensatrice”, probabilmente dal nome indoeuropeo della Madre terra dheghom mather.
Figlia di Crono e Rea (Madre della prima generazione degli Dei greci), alla sua nascita fu mangiata dal padre come le Sue sorelle, Estia e Era e i Suoi fratelli Poseidone e Ade. Rea non potendo più tollerare che Crono mangiasse i loro figli, quando partorì Zeus lo nascose in una grotta a Creta e a Saturno diede da mangiare un sasso avvolto in una stoffa.
Zeus cresciuto sfidò il padre e, con l’aiuto dei Titani, liberò i fratelli lo spodestò dal trono, divenendo il Re dell’Olimpo.
Sorella di Zeus è la dea del grano e dell’agricoltura, costante nutrice della gioventù e della terra verde, artefice del ciclo delle stagioni, della vita e della morte, protettrice del raccolto e delle leggi sacre.

Come nipote di Gea, la Madre Primigenia, Demetra continuò la dinastia delle Dee della fertilità donando generosamente la vita e creando un’epoca di pace e armonia. Ella presiedeva all’abbondanza dei raccolti e delle messi.
Nella mitologia romana la sua figura corrisponde a quella di Cerere (da cui la parola “cereale”).
Nel culto Demetra viene spesso confusa con Gaia, Rea o Cibele.
Divinità caratteristicamente greca, si distingue dalle altre “dee madri”, come Rea e Cibele, perché mentre queste esprimono lo sfrenarsi selvaggio delle forze misteriose della natura prive di termini e di norme, essa rappresenta l’ordinata e regolare generazione della terra, sottoposta a certe leggi e al lavoro dell’uomo.
L’epiteto con cui la dea viene più frequentemente chiamata rivela l’ampiezza e la portata delle sue funzioni nella vita greca del tempo: lei e Kore, la fanciulla, erano solitamente invocate come “le due dee”, questa definizione appare già nelle iscrizioni in scrittura Lineare B di epoca micenea trovati a Pilo.
È assolutamente plausibile che vi sia una connessione con i culti dedicati alle due dee nella civiltà minoica di Creta.
Dea della fertilità può essere madre di tante creature.
Simboleggia gli aspetti della madre: l’amore disinteressato, la generosità, l’abbondanza, il nutrimento e la fonte della vita.
Negli Inni omerici viene invocata come la “portatrice di stagioni”, un tenue indizio di come ella fosse adorata già da molto tempo prima che si affermasse il culto degli Olimpi, dato che l’inno omerico a Demetra è stato datato a circa il VII secolo a.C..
Nell’ “Inno a Demetra” (in cui la sua storia è splendidamente narrata) veniva descritta come “quella terribile dea dagli splendidi capelli e dalla spada d’oro” (probabilmente come metafora poetica per indicare il suo simbolo principale: il covone di grano maturo).
Demetra e Persefone
Un giorno il potente fratello Zeus, pervaso dalla passione per la divina sorella che lo rifiutò, la prese con la forza e la fece diventare la Sua quarta moglie.
Dalla Loro unione nacque Kore-Persefone, a cui Demetra è legata sia nel mito che nel culto… le Due Dee sono l’una lo specchio dell’altra.
Madre e figlia vivevano come un unico essere… giocavano insieme, ridevano insieme e insieme si occupavano della fertilità della terra.

La loro vita trascorreva in pace e letizia, Demetra però non cresceva la figlia perché diventasse una donna. Ella voleva tenerla stretta a sé per sempre, come una bambina, e in tal modo la espose ad un grave pericolo che cambiò per sempre la Loro vita e quella dell’intera umanità: il naturale flusso della vita non può essere fermato.
Ecco cosa avvenne …
La storia del ratto di Persefone
Un giorno Persefone si divertiva a correre nei prati pieni di fiori, quando un fiore meraviglioso attrasse la Sua attenzione: un bellissimo narciso.
Le sue belle mani si allungarono per prenderlo e, all’improvviso, un terribile boato lacerò l’aria, la terra si aprì e ne emerse Ade sul suo carro d’oro trainato da neri cavalli. Il bellissimo e potente Signore degli Inferi, detentore dei Segreti, avvolse con le Sue forti braccia il sottile corpo di Persefone e la trascinò, riluttante e in lacrime, dentro la Terra veloce com’era arrivato. Persefone lottò e gridò affinché Zeus la soccorresse, ma non le giunse alcun aiuto.
Demetra udì l’eco delle grada della figlia e corse a cercarla, non fermandosi mai, né per mangiare né per dormire né per lavarsi.

Lacerata dal dolore, gettò via gli abiti sgargianti, coprì le Sue bionde chiome con un nero manto di lutto (Demetra dolente) e per nove giorni e nove notti, impazzita dal dolore, percorse la terra in lungo e in largo portando morte e sterilità ovunque.
Alcune fonti narrano che mentre così vagava fu vista e desiderata da Poseidone, suo fratello e dio del mare, che la inseguì per farla sua. Per sfuggirgli ella si trasformò in una giumenta e si mischiò ai cavalli pascolanti del re Onkyos. Poseidone però si accorse dell’inganno e si congiunse a lei sottoforma di uno stallone. La dea adirata diventò una Erynis, dea dell’ira, e si chiamò anche Demeter Erynis fino a quando non si purificò della sua ira nel fiume Ladone, assumendo dopo il bagno l’appellativo di Lusia.
A Poseidone ella partorì una figlia, Despina, che non si doveva nominare nei misteri e partorì contemporaneamente anche il celebre cavallo Arione o Erion, dalla criniera nera, criniera che aveva ereditato da Poseidone.
All’alba del decimo giorno Demetra incontrò Ecate, dea della luna nera e dei crocicchi, che, mossa a pietà la condusse da Elio, dio del sole (divinità della natura che condivideva tale appellativo con Apollo).
Elio disse loro che Ade aveva rapito Persefone e l’aveva portata nel mondo sotterraneo per farla sua sposa contro la sua volontà. Il rapimento e la violenza subiti dalla fanciulla erano avvenuti con il consenso di Zeus, e quindi le consiglio si smettere di piangere e disperarsi, e d’accettare l’accaduto, dicendo anche che Ade era comunque il re degli Inferi, e quindi non era poi così da disprezzare.
Demetra però rifiutò il consiglio e, amareggiata e offesa per il tradimento di Zeus abbandonò l’Olimpo e si trasformò in una vecchia triste e solitaria che vagava sulla Terra ma, conscia del Suo potere di Vita e di Morte, maledì gli Dei e ordinò che niente poteva nascere o crescere sulla Terra, finché Persefone non le fosse stata restituita.
Il decimo giorno Demetra, accompagnata dal piccolo Iacco, giunse sotto l’aspetto di una vecchia a Eleusi, e sedette accanto a un pozzo, dove la trovarono le figlie di Celeo, re della città.
Quando Demetra disse loro che cercava qualcuno a cui fare da nutrice la accompagnarono a corte.
Il re Celeo e sua moglie Metanira l’accolsero ospitalmente, invitandola a rimanere presso di loro come nutrice di Demofonte, il principino appena nato.
La balia asciutta, la vecchia Baubo, la indusse con un trucco a bere acqua d’orzo profumata alla menta; poi cominciò a gemere come se avesse le doglie e inaspettatamente tirò fuori di sotto le sottane il figlio di Demetra, Iacco, che balzò tra le braccia della madre e la baciò.
Per essersi fatto beffe di Demetra, sorpresa a bere con troppa avidità, Abante, il figlio maggiore di Celeo, fu trasformato in lucertola dalla dea infuriata.
Pentita e un po’ vergognosa per l’accaduto, Demetra decise di fare un favore a Celeo rendendo immortale Demofonte.
Sotto le cure della dea egli cresceva come un dio. Lei lo nutriva d’ambrosia e di nascosto lo esponeva al fuoco, in modo che diventasse immortale. Ma un giorno la Regina Metanira la colse sul fatto e gridando dallo spavento la cacciò dalla reggia. Demetra allora, infuriata, si mostrò a lei nella sua vera identità e nella sua divina bellezza e potenza. Rimproverò Metanira per la sua stupidità.
Demofonte morì. “La mia casa è la casa della sventura!” gridò Celeo, piangendo l’amara fine dei suoi due figli, e per questo in seguito fu chiamato Disaule.
“Asciuga le tue lacrime, Disaule”, disse Demetra rivelando la sua divinità, “ti rimangono tre figli, tra i quali Trittolemo, cui io farò tali doni che scorderai la duplice perdita”.
Ordinò quindi che le fosse costruito un tempio e lei vi si insediò, in solitudine, con tutta la sua sofferenza per la figlia scomparsa.
Si rifiutò altresì di adempiere alla propria funzione di dea delle messi. Come conseguenza di ciò nulla cresceva nei campi e la carestia minacciò l’estinguersi dell’umanità, oltre al fatto che non non venivano fatti sacrifici agli dei. Per questo Zeus mandò Iride a implorare il ritorno di Demetra, e altrettanto fecero tutte le divinità portandole doni e onorificenze.
Ma la furibonda Demetra rifiutava ogni volta ribadendo che non avrebbe rimesso piede sull’Olimpo e non avrebbe fatto ricrescere nulla sulla Terra finché non le fosse stata restituita sua figlia.
L’esilio volontario di Demetra rendeva la terra sterile, e l’ordine del mondo ne era sconvolto. Zeus capì che se non avesse fatto nulla per placare la sorella, la razza umana si sarebbe estinta e gli dèi avrebbero smesso di ricevere sacrifici.
Un’unica soluzione si presentava ormai a Zeus: far ritornare Persefone dalla madre.
Egli affidò dunque a Ermes un messaggio per Ade: “Se non restituisci Core, siamo tutti rovinati”; e un altro a Demetra: “Potrai riavere tua figlia, purché essa non abbia ancora assaggiato il cibo dei morti”.
Poiché Core aveva rifiutato di mangiare sia pure una briciola di pane dal giorno del suo ratto, Ade fu costretto a restituirla a Demetra. Ma nel momento in cui Core si preparava a partire per Eleusi, uno dei giardinieri di Ade, chiamato Ascalafo, confessò che aveva visto la giovane cogliere una melagrana nell’orto e mangiarne sette chicchi.
La versione più nota narra invece che prima di lasciarla partire Ade le offrì da mangiare dei chicchi di melograno, e lei li mangiò.
Secondo alcune fonti i chicchi le vennero offerti con l’inganno, mentre secondo altre la dea sapeva che se avesse mangiato il cibo degli Inferi si sarebbe eternamente legata al suo sposo e siccome ormai lo amava mangiò i semi, ma non disse poi nulla alla madre.

Ermes riportò la figlia alla madre, al tempio di Eleusi.
Quando si videro corsero l’una fra le braccia dell’altra.
Demetra subito chiese se avesse mangiato qualcosa nel mondo degli Inferi (infatti se non avesse mangiato nulla sarebbe potuta restare lì per sempre).
Udita la storia della melagrana, Demetra ricadde in un profondo abbattimento e disse che non sarebbe più tornata sull’Olimpo.
Zeus indusse allora Rea, che era madre sua nonché di Ade e di Demetra, a interporre i suoi buoni uffici, e si giunse così a un compromesso.
Siccome Persefone aveva mangiato il melograno sarebbe dovuta restare una parte dell’anno sottoterra con Ade e solo una parte sopra con la madre.
Core avrebbe trascorso ogni anno sei mesi ( o secondo altre fonti tre) in compagnia di Ade, come regina del Tartaro e col titolo di Persefone, e gli altri sei mesi (o nove) in compagnia di Demetra.
Così, ogni primavera, Persefone fugge dal soggiorno sotterraneo e sale al Cielo dalla madre, per rifugiarsi di nuovo fra le ombre al momento della semina.
Dopo che madre e figlia si furono riunite Demetra restituì fertilità e messi alla terra, e poi istituì i Misteri Eleusini, delle cerimonie religiose in cui agli iniziati era vietato rivelare di cosa si trattava.
Demetra acconsentì finalmente a risalire sull’Olimpo.
Prima di lasciare Eleusi, iniziò ai misteri Trittolemo, Eumolpo e Celeo, unitamente a Diocle, re di Fere, che l’aveva assiduamente aiutata nelle sue ricerche. Ma punì Ascalafo per aver riferito l’episodio della melagrana imprigionandolo in una fossa chiusa da un masso pesantissimo; Ascalafo fu in seguito liberato da Eracle, e Demetra allora lo trasformò in un barbagianni.
A Trittolemo la dea diede semi di grano, un aratro di legno e un cocchio trainato da serpenti e lo mandò per il mondo a insegnare agli uomini l’agricoltura. Ma prima lo istruì personalmente nella pianura Raria. E a Fitalo, che l’aveva trattata con cortesia sulle rive del Cefiso, donò un albero di fico, il primo che si vedesse nell’Attica e gli insegnò a coltivarlo.
Il Mito della Dea ha generato i cicli e le stagioni.

Le Due Dee riunite faranno fiorire ogni zolla di terra e la natura canterà in Loro onore.
Demetra porterà nuovamente la gioia e la letizia su tutta la terra, in un ciclo eterno e auto-rigenerante.
Come Madre del Grano nasce, in Primavera come Kore-Persefone, arriva alla Sua maturazione al culmine dell’Estate e invecchia in Autunno, preparandosi alla Morte alchemica che darà origine a nuova Vita.
Il racconto nelle stagioni così si dispiega
In Autunno Persefone mentre raccoglie gli ultimi fiori viene rapita e trascinata nell’oscurità della terra da Ade, che vuole farla sua sposa
Demetra la cerca ovunque, ma non La trova in nessun luogo… affranta dal dolore si strappa le bianche vesti e inizia a gemere disperata.
Non cresce più nulla sulla Terra in Inverno, ma sottoterra i nuovi semi lottano per sbocciare alla vita, come Persefone che attraversa gli Inferi e poi ne uscirà cambiata. Persefone mangia il melograno e come un seme che si risveglia , un fiore che sboccia, riemerge in superficie a Primavera, per ricongiungersi alla madre, che per la gioia, risveglierà la natura e la riempirà di fiori e di nuove piante, che in Estate daranno frutti copiosi.
Ed qui sopratutto che i mortali festeggiano la dea, con giochi e danze. E’ la stagione del raccolto, che celebra la generosità della dea. A lei offerte quindi di cibo e d’amore che onorano il suo potere e la sua fertilità.
Le feste in onore di Demetra erano inizialmente proprie delle campagne: le erano sacre le feste della semina e del raccolto, come nell’Attica le Proerosie, che avvenivano nella seconda metà di ottobre per la semina, le Procaristerie, primaverili, per invocare un buon raccolto, e le Aloe, per ringraziare la dea dopo il raccolto. Alla figura di Demetra legislatrice erano collegate le feste Tesmoforie celebrate solennemente dalle donne di Atene durante il mese di ottobre. Particolare importanza avevano le feste e i misteri eleusini in onore di Demetra nel suo aspetto di divinità legata alla terra.
Archetipo della Madre
Demetra, come Iside, rappresenta l’energia materna per eccellenza. Lei è la nutrice e la protettrice della Natura e della vita che da Lei proviene.
Ella presiede all’agricoltura, vigila il sereno lavoro degli uomini, lo aiuta e lo rende più facile con i suoi insegnamenti. Divinità caratteristicamente greca, si distingue dalle altre “dee madri”, come Rea e Cibele, perché mentre queste esprimono lo sfrenarsi selvaggio delle forze misteriose della natura prive di norme, essa rappresenta l’ordinata e regolare generazione della terra, sottoposta a certe leggi e al lavoro dell’uomo.
Il Suo dolore, simile a quello vissuto dalla divina Iside, l’ha trasformata in una madre spirituale che invita i mortali all’Iniziazione alla ciclicità della Vita, tramite i Misteri Eleusini.
La sua identificazione nel ruolo materno ha come limite e conseguenza la grande difficoltà a lasciare andare le sue creature.
un’altra conseguenza da ciò derivante è che facilmente può cadere in una dipendenza emotiva dai figli e dagli altri in genere, ma quando diverrà consapevole del suo schema può diventare come Iside, la madre perfetta che alleva i figli affinché seguano il loro destino.
Le unioni amorose di Demetra
Nella sua unione nuziale con Zeus, Demetra era piuttosto un AlterEgo della grande madre, dea che col proprio figlio aveva generato Persefone nella quale era rinata lei stessa – mistero di cui apertamente si raccontava poco.
Invece nell’unione con Poseidone essa era la terra, madre di piante e di animali, che perciò poteva assumere anche l’aspetto di una spiga o di una giumenta.
Durante le nozze di Cadmo e Armonia, riscaldati dal nettare che scorreva a fiume al banchetto, sgusciò fuori dal palazzo e si unì su “un campo di maggese rivoltato tre volte” con il Titano Iaso (o Iasone). Da questa unione nacquero i gemelli Pluto (che significa “ricchezza”) e Filomelo.
Al loro ritorno Zeus indovinò quel ch’era accaduto dall’aspetto dei due amanti e, furibondo contro Iasio perché aveva osato toccare Demetra, lo colpì con la sua folgore. (Altre fonti invece dicono che Iasio fu ucciso da suo fratello Dardano, oppure fatto a pezzi dai propri cavalli)
Secondo alcune fonti da Zeus e Demetra nacque anche Iacco, dio guida alla mistica processione dei Misteri Eleusini.
Per altre fonti Iacco invece sarebbe figlio di Zeus e Persefone, e quindi l’incarnazione di Zagreo.
Dal semidio Carmanor Demetra ebbe i figli Crisotemi ed Eubulo.
Interventi della dea
Erisittone, figlio del re Triopa, fu uno dei pochi uomini che Demetra trattò con durezza. Alla testa di venti compagni, Erisittone osò invadere il bosco sacro che i Pelasgi avevano dedicato alla dea a Dozio, e cominciò ad abbattere alberi sacri per costruirsi una nuova sala per i banchetti.
Demetra assunse l’aspetto della Ninfa Nicippa, sacerdotessa del bosco, e gentilmente ordinò ad Erisittone di desistere. Ma quando costui la minacciò con la sua ascia, Demetra gli si rivelò in tutto il suo splendore e lo condannò a soffrire la fame in perpetuo, per quanto mangiasse.
A Pandareo di Creta, invece, che rubò il cane d’oro di Zeus e la vendicò così per l’uccisione di Iasio, Demetra concesse di non soffrire mai di mal di stomaco, quale che fosse la quantità di cibo mangiato.