Archetipi

La Via degli Archetipi

“I miti e gli archetipi sono delle chiavi di fondamentale importanza per comprendere la nostra vita, per penetrare il mistero di come siamo e di come è la vita”

Che cosa sono gli Archetipi

La parola “archetipoderiva dal greco archè, origine, principio, typos, modello, marchio, esemplare. Significa quindi “primo esemplare, prima immagine, modello originario, cioè l’idea originale che genera sè stessa.

Si contrappone a “stereotipo”, dal greco stereos (solido, rigido, tridimensionale) che significa “copia”, “duplicazione”, “riproduzione”.

L’archetipo è il principio primo, universale, completo e perfetto, di cui gli stereotipi sono una parziale imitazione; si distingue anche dal prototipo, che è semplicemente il primo elemento (realizzato sulla base di un archetipo, o di un progetto) di una serie di riproduzioni.


In pratica gli archetipi sono ciò che costituisce la parte primordiale che l’essere umano vive e manifesta attraverso il suo pensare, sentire e agire, in quanto contengono l’idea d’origine di qualsiasi impulso.


Gli Archetipi e la filosofia

I primi filosofi greci si dedicarono a cercare il principio fondamentale dell’Universo, detto “arché”.
Ad iniziare fu Talete, padre della filosofia greca: passava così tanto tempo a camminare con il naso rivolto all’insù, contemplando cielo e stelle, che una volta cadde in una buca profondissima!
Per Talete il principio di tutto era l’acqua, elemento centrale nella vita degli essere umani e animali e in grado di assumere diversi stati, trasformandosi da ghiaccio a vapore.

Per il filosofo Anassimandro invece tutto nasceva da una sostanza indefinita e infinita, detta “Ápeiron”.

Platone

Allievo di Socrate, Platone mise al centro del suo pensiero la “dottrina delle idee” per spiegare la conoscenza: per il filosofo greco, l’anima dell’uomo ha già conosciuto l’oggetto della sua ricerca prima della nascita, nel “mondo delle idee”. Una volta scesa nel corpo, l’anima ha in parte dimenticato ciò che ha veduto: l’uomo deve perciò solo recuperare quanto ha già visto. Per questo, secondo Platone, “conoscere è ricordare”.

Nella tradizione platonica furono detti archetipi le idee, ovvero gli eterni e trascendenti “modelli” delle cose.

Lo storico culturale Richard Tarnas sostiene che 

“sulla propensione a vedere degli illuminanti universali nel caos della vita, Platone ha costruito la sua metafisica e la teoria della conoscenza”.

Il concetto di archetipo deriva direttamente da quello di idea platonica: nella sua dottrina delle idee Platone parla dell’Iperuranio, un luogo metafisico (oltre la materia) in cui risiedono i concetti nella loro purezza, astrazione. Si tratta di principi universali immutabili, non soggetti quindi al divenire e al mutamento come gli oggetti empirici, i quali si pongono, rispetto alle idee, in un rapporto di imitazione o somiglianza.
Per Platone le idee esistono a prescindere dalla realtà, e sono accessibili a quattro livelli:

  1. livello dell’essere, perchè gli oggetti immanenti partecipano delle idee per somiglianza o imitazione (un cavallo “reale” cerca di assomigliare all’idea di cavallo, e ciascun cavallo assomiglia all’idea di cavallo a modo proprio);
  2. livello della conoscenza, dal momento che noi possiamo riconoscere gli oggetti solo in base alle idee a cui li associamo (per sapere che quello è un cavallo devo attingere all’idea di cavallo);
  3. livello di valore, in quanto un oggetto è tanto più perfetto quanto più si avvicina all’idea, e tanto meno perfetto quante più peculiarità ha;
  4. infine l’idea è un principio unificatore della molteplicità (ci sono molti cavalli, ma una sola idea di cavallo).

Platone, così come il suo maestro Socrate, pensava che “le migliori certezze risiedano nelle più grandi astrazioni” e chiamò “archetipi” (forma primigenia) tali universali. In seguito, il suo discepolo Aristotele virò verso il concreto, e questo cambio di rotta che ha dato poi forma al pensiero scientifico.

Kant

Nella filosofia di Kantintellectus archetypus è l’intelletto divino, puramente intuitivo e non discorsivo, e come tale del tutto indipendente dall’esperienza sensibile. 


Il termine Archetipo ha acquisito nel 20° sec. una forte connotazione nella psicologia analitica di Jung, quali forme a priori, in chiave sia fenomenologica («modelli di comportamento innati», «ordinatori di rappresentazioni»), sia mitologica (creazioni «con materiale primigenio»). Da quest’ultima accezione si svilupperà la psicologia archetipica di James Hillman («modelli archetipici»), da cui deriva anche la teoria di Erich Neumann.

Archetipi in psicologia

Freud Vs Jung


Gustav Jung, vissuto tra il 1875 e il 1961,è stato il primo psichiatra-psicoterapeuta a formulare la teoria degli archetipi.

Partendo dall’analisi dei sogni dei suoi pazienti, Jung riscontra come certe immagini, concetti e situazioni vissute in sogno e non riguardanti l’esperienza personale, siano in qualche modo innate nella mente umana, o meglio, derivino da un inconscio collettivo, condiviso, ereditato assieme al patrimonio genetico.

Gli archetipi sono quindi l’eredità psicologica inconscia.

A differenza di Freud, che riteneva l’inconscio un contenitore vuoto alla nascita, che veniva man mano riempito di materiale psichico inaccettabile dalla coscienza, per Jung l’inconscio personale contiene già delle “forme a priori“, che fanno parte dell’inconscio collettivo, e che permettono di trascendere da se stessi, attraverso la funzione simbolica e di procedere nel processo di individuazione.

In ogni caso fu Sigmund Freud a dare il “la” al suo discepolo, in quanto teorizzò che il nostro inconscio, quando sogna, si esprime attraverso dei simboli interpretabili, carichi di significato, per noi. Partendo da questa teoria Jung ipotizzò il parallelismo tra tali immagini simboliche e quelle provenienti dagli antichi miti (l’eroe, l’ombra, il vecchio saggio, etc.); le favole primitive che il pensiero moderno aveva a lungo disprezzato continuavano a vivere nella nostra psiche.

Jung teorizzò l’esistenza di un “inconscio collettivo” e non solo individuale, notando che i simboli erano presenti anche nei pazienti che non conoscevano del tutto la mitologia antica. Fu così che la scuola di psicologia analitica junghiana intraprese un percorso di studio sul modo in cui le figure archetipiche mitologiche influenzano, ancora oggi, le nostre vite.

Lo psicoanalista individuò dodici archetipi  all’interno di ognuno di noi (Gli Archetipi di Jung, a cui dedicherò un intero articolo) che agiscono in ogni momento e situazione.

Erich Neumann


Erich Neumann approfondisce in chiave evolutiva il concetto di archetipo, andando a confrontare natura e cultura, ontogenesi (cioè lo sviluppo biologico, fisiologico) e filogenesi (cioè la specificazione in classi, in gruppi differenziati). 

Così come il corpo è composto da organi fisici, la psiche è composta da organi psichici, gli archetipi. Essi sono dei modelli originari di essere, di pensare, di sentire e di agire: ciascuno con le sue caratteristiche e funzioni, con delle specifiche qualità e dei specifici difetti, una specifica personalità.

Gli archetipi come organi psichici hanno ognuno una determinata funzione nello sviluppo e nel funzionamento della personalità e della coscienza, sono in collegamento tra loro, e ciascuno di essi è indispensabile; si sviluppano e agiscono nell’inconscio, senza che ce ne accorgiamo e sono comunque tutti attivisempre.
Come si possono ammalare gli organi fisici, così si possono ammalare gli organi psichici; ed è sufficiente che un organo/archetipo non funzioni bene che tutto il sistema ne risenta.

La psicologia Archetipica

Due anni prima della morte di Jung avvenuta nel 1961, un suo allievo, James Hillman, fu nominato direttore dell’Istituto C. G. Jung a Zurigo. Negli anni successivi si raccolse intorno a lui una piccola comunità di ricercatori che in un certo senso “ruppero” con la scuola analitica (ma non con le radici del pensiero junghiano) e fondarono la psicologia archetipica, (branca della psicologia analitica che mira a descrivere le manifestazioni archetipiche)

In tal modo egli porta ad un’evoluzione ulteriore la teoria degli archetipi di Jung. 

La psicologia archetipica prende le distanze dalle priorità della psicologia analitica. Si concentra piuttosto sul controllo illusorio che l’ego esercita sulle nostre vite e sul modo in cui è costruita la nostra psiche: attraverso una “pluralità di archetipi”.

La psicologia archetipica va a collegarsi con le forme culturali e immaginative dell’arte, della poesia, della mitologia, della narrativa. 

Hillman mira a rendere facilmente comprensibile le manifestazioni archetipiche e, per farlo, utilizza una terminologia che che ha a che fare con la mitologia greca. In tal modo è in grado di descrivere meglio gli archetipi che strutturano la psiche umana, e lo fa in particolare nella sua opera Le polytheisme de l’énergie (1982).

Hillman vede negli archetipi forze che agiscono sulla vita umana e quotidiana: 

“il potere del mito, la sua realtà, risiede proprio nel suo potere di cogliere e influenzare la vita psichica. I greci lo sapevano molto bene, e quindi non avevano né psicologia del profondo né psicopatologia come noi oggi. Ma avevano i miti. E oggi non abbiamo più miti ma abbiamo la psicologia del profondo e la psicopatologia, entrambi sono miti in abiti moderni mentre i miti sono psicologia di base in abiti vecchi”

La psicologia archetipica considera strettamente collegate la mitologia e la psicologia

In base a ciò la mitologia è una psicologia dell’antichità, e la psicologia è una mitologia dell’epoca moderna.

La proposta teorica della psicologia archetipica parte dal principio che la nostra tendenza alle personificazioni non è mai scomparsa, persino quando in gran parte del mondo il politeismo è stato scalzato dal culto monoteista.

I miti sono racconti sulle relazioni tra gli umani e gli Dei, parlano di temi universali ed eterni, comuni a tutta l’umanità e a tutti i tempi, mentre la psicologia per spiegare tali relazioni usa teorie e termini moderni come istinti, pulsioni, complessi, ecc.

Per questo motivo la psicologia archetipica presenta un aspetto politeistico e alcuni autori parlano, simbolicamente, di “dei” per riferirsi alla “pluralità degli archetipi”.

Così Hillman afferma che gli dei sono interiori,  sono dentro le nostre azioni, idee e sentimenti.
Non dobbiamo avventurarci negli spazi stellati, nell’intelligenza celeste o liberarli dal loro occultamento con droghe allucinogene. Sono lì nel modo in cui ci sentiamo, pensiamo e sperimentiamo stati d’animo e sintomi.

Gli archetipi sono considerati nella loro manifestazione fenomenica, nel percorso che ciascuno compie dentro la propria anima.

Anche Patrick Harpur, nel suo libro, Philosophers’ Secret Fire, ricorre a questa identificazione tra idee e divinità.
“Non è vero che abbiamo delle idee, ma piuttosto sono le idee ad averci. Dobbiamo conoscere quali idee, quali dei ci governano per gestire la loro influenza sui nostri punti di vista, sulle nostre vite. “

La proposta terapeutica della Psicologia Archetipica

La proposta terapeutica della psicologia archetipica si basa sull’esplorazione delle immagini più che sulla loro spiegazione, sull’essere coscienti di queste immagini, sul prestare loro attenzione finché non acquistino tutta la chiarezza possibile. 

Consiste soprattutto nel contemplare tali immagini attentamente fino a quando la nostra osservazione non crea un significato. A questo punto si innesca un processo terapeutico che Hillman ha battezzato con il nome di “creazione dell’anima”.

Hillman dice che l’anima cerca storie che la curino

“ L’anima si cura raccontandosi una storia migliore, un “come se” che dissolva quel sistema di credenze che mantiene l’anima intrappolata nelle sue miserie”

La fonte della conoscenza non è più quindi l’Io cartesiano, ma piuttosto quel mondo affollato di immagini in cui abita l’Io.

Se di guarigione si può parlare, essa arriva attraverso il riconoscimento di quegli archetipi che agiscono nelle persone, nel mondo. La psicologia archetipica punta a guarire le idee, il mondo, più che l’individuo, attraverso il mito.


La psicologia archetipica si è mantenuta critica nei confronti delle principali scuole di pensiero psicologico (come il comportamentismo o la psicologia cognitiva). Queste vengono accusate di riduzionismo nell’adottare la filosofia e la prassi delle scienze naturali, e di essere in ultima analisi “psicologie senza psiche” (psyché è l’anima in greco).

Secondo Hillman, la psiche si manifesta nell’immaginazione e nella metafora: 

“Il mio lavoro è diretto verso una psicologia dell’anima basata su una psicologia dell’immagine. Sto suggerendo una base poetica della mente e una psicologia che non parta dalla fisiologia del cervello, dalla struttura del linguaggio, dall’organizzazione della società o dall’analisi del comportamento, ma dai processi dell’immaginazione”.

Gli archetipi parlano un linguaggio universale, estremamente utile per mettere in comunicazione immediata la coscienza con la zona dell’inconscio collettivo e individuale.

Partendo quindi da concetti universali, comuni alla specie umana, impariamo a conoscere noi stessi.


Il Simbolo è la “Voce” dell’archetipo

Da quello detto finora si evince che l’archetipo viene rappresentato attraverso dei simboli. I simboli sono un pò come la “voce” dell’archetipo, il suo modo di comunicare. E per questo motivo i simboli sono presenti in tutte le religioni e in tutte le arti.

Il simbolo non è statico, nel senso che è una manifestazione ben precisa, al suo interno è custodito “l’impulso” che può far scaturire milioni di manifestazioni, che a loro volta divengono esse stesse simboli

Una caratteristica fondamentale del simbolo è che non ha “tempo”, è sempre attuale nonostante i suoi secoli.


A mio avviso l’archetipo è come l’acqua: elemento essenziale per la Vita, ne possiamo percepire la forza e l’impulso avvolgente; e i simboli degli archetipi sono tanti quanti i contenitori che danno forma all’acqua.


Sono una seguace della psicologia archetipica e nel mio piccolo, quale counselor archetipica propongo un percorso per le donne che vogliono connettersi con gli archetipi che le abitano attraverso il percorso “Le dee Interiori“.
Clicca qui per vedere di cosa si tratta.

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Barbara

Laureata all'Accademia di Belle Arti, Artista, Arteterapeuta, Advanced Counselor cognitiva, olistica e simbolico-archetipica, Professional Mentor, Educatrice Mindfulness e in Mindful Art, Facilitatrice Metafiabe e Psicofiaba, Trainer Percorsi Crescita Personale, Custode di storie.

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