Grazie 💖
A chi mi ha incoraggiato e sostenuto nel mio percorso artistico.
E' stato uno dei periodi più belli e magici della mia vita.
Con questa pagina rendo omaggio al mio lavoro d'artista e ad alcuni di coloro che l'hanno apprezzato. Resterete per sempre nel mio cuore per la gioia evocata in me dai vostri scritti

Barbara Boretti
Esploratrice di Mondi Interiori
BARBARA BORETTI: LA COLONNA - UNITA’ DI MISURA DELL’UNIVERSO
"Le colonne dipinte da Barbara Boretti non reggono architravi e metope ma panneggi lanosi, soffici, coloratissimi. E pur nel rispetto dell’ordine ionico con il capitello dalle volute che si arricciano sulla sommità nell’atto di concludere lo sviluppo verticale – elegante – delle scanalature, non perseguono in via primaria fini architettonici. Si fanno, magari, strumenti sofisticati di una simbologia tutta da individuare oltre le allusioni protette da ammiccanti ambiguità.
E’ una colonna di ordine ionico, dunque, scanalata longitudinalmente e con quel suo capitello ad acconciatura civettuola, che ha resistito al tempo. A tutti i tempi. E si è auto-eletta unità di misura nella poetica di quest’arte che è molto più complessa di quanto possa apparire a prima vista. Forse per tale complessità, osservando ora in una ribalta immaginaria la disposizione di cinque colonne che, dipinte di verde e ciascuna adornata da un drappo di colore diverso, si accingono a recitare un misterioso rito pagano – intendo riferirmi a quel “Girotondo delle stagioni astrali” che è un olio di diversi anni fa – torna a mente una visione stupenda carpita fra i ruderi archeologici della Grecia in cui i colori salienti erano quello del cielo e il bianco del marmo. Vi si rifletteva, e ne accendeva l’incanto, la presenza implacabile del sole egeo. Il ricordo si incentra, per un contrasto d’impostazione e di funzioni rispetto all’immagine della Boretti, sulle splendide cinque colonne snelle e vibranti nel marmo antico che si levano nel portico orientale dell’Eretteo: “ creature” svettanti nella loro eleganza stilistica tutta ionica a reggere un tratto di architrave che a sua volta le tiene ancora ferme e resistenti agli oltraggi dei secoli e alle villanie dell’uomo.
Provo ancora oggi, nella stupenda inquadratura di memoria, le sensazioni che ne ebbi quando per la prima volta capitai in quel paradiso archeologico che è l'Acropoli di Atene. Sembrava che si tenessero per mano, le cinque bellissime " creature ", per ricevere il plauso di un vasto pubblico immaginario e affrontare insieme le insidie dei secoli, contati in tempo reale. Difendevano tuttavia un principio etico, vale a dire un rigore che l'architettura greca esigeva per cui gli stili (il dorico, lo ionico e il corinzio) non avrebbero dovuto mai apparire radunati nello stesso luogo. E poiché l'Acropoli aveva sconvolto quel rigore e dei tre ordini aveva attuato il rimescolamento come l'evolversi del costume ormai permetteva, quelle colonnine resistevano nel compiacersi di quel loro fascino esposto quasi impudicamente, consapevoli di essere destinate a sfidarsi a faccia a faccia con esemplari mascolinamente proposti in templi diversamente concepiti e dedicati.
Nella pittura di Barbara Boretti, pensando appunto all'evoluzione del costume greco che aboliva la commistione degli stili, è identificabile un'evoluzione alla rovescia considerando completamente dello stile il colore vivo del drappo e la sua positura: perché via via che il gioco si affina nelle tecniche sempre più convincenti, il " Girotondo delle stagioni astrali " si dissolve, salvo a rincontrarlo in una quasi monocromia del 1998 intitolata " Trasformazione " con fini e rapporti concepiti diversamente dall'immagine iniziale in quanto si allude a fenomeni astrali definiti nello spazio sidereo.
Poi avviene il dissolvimento totale di questa comunità sui generis che principio contava -ripeto - cinque colonne come quelle dell'Eretteo. Oggi la " ionica " di Barbara Boretti si erge solitaria a sostegno di fascinosi tessuti, come nel caso di " Carmen”(1999) in cui il drappo rosso aderisce all'elemento architettonico avvolgendolo voluttuosamente in un raccordo compositivo di grandi tensioni. E ne modifica il senso anche se resta comunque evidenziato il recupero della sua solitudine di oggetto di pietra che, non avendo più contendenti nel medesimo spazio, accentua disperatamente l'audacia di affrontare imprese mitiche. Ed eccola appena qualche anno dopo impegnata in una significativa esperienza ambientale quando, con un sostegno metallico conficcato sulla sommità del capitello, ostenta uno spicchio di luna reso vivo da una scarica di luce bianco-gelida proiettata nello spazio notturno come nel tentativo di violarvi le tenebre eterne. Comincia qui, ad ogni modo, il nuovo ciclo della Boretti. O, meglio, la sua nuova avventura che dalla ribalta iniziale va a proiettarsi nell'infinito.
Certo esiste alle sue spalle la operosa riattivazione dell'immagine figurale (1994) tratta da vaghi brandelli bizantineggianti o due/trecenteschi e che via via stimolano la pittrice a guadagnare le vie dell'immaginario con possibilità onirica capace di popolare la favola bella in cui il tempo, l'esperienza e la fantasia della pittrice hanno cercato di rappresentare nuove realtà ai limiti del fantastico ma sempre credibili anche attraverso l'ambiguità delle allusioni. E su su, fino a questo confronto ardimentoso con la " realtà irreale ", ogni volta cercando punti di riferimento (la colonna, il capitello, il drappo) magari come quinta teatrale, stabile e ferma, che lasci aprire squarci impensati di una visione corrotta sul palcoscenico dell'universo; e nel contrasto con la quinta – punto fermo - vale a dire con la " ionica " che vi assume il ruolo di unità di misura di quell' universo - nasca la sensazione che un corpo celeste infuocato raggiunga velocità vertiginose seminando lungo la traiettoria frammenti di luce immediatamente ingoiati dal buio dell'infinito.
Emozioni nuove che si assommano nel bagaglio di per se già ricco per cui la maturazione rapida dell'espressione e il perfezionamento del linguaggio favoriscono una lettura vieppiù chiara dell'opera di questa s'artista emergente. Anzi, ormai legittimamente emersa, come le opere più recenti confermano.

Tommaso Paloscia
Giornalista e Critico d'Arte
Dipinti fortemente strutturati quelli di Barbara Boretti che creano “ambienti” e “storie” tra surreale e metafisico, ma sempre con risultati di una personale e convincente interpretazione.

Riccardo Saldarelli
Artista, Docente di tecniche Pittoriche
Articolo su ECO D’ARTE MODERNA
BARBARA BORETTI: IL PRIMATO DEGLI OGGETTI
“ I tempi dell’itinerario pittorico di Barbara Boretti sembrano scandire un sempre più decisivo avvicinamento all’oggetto fino a saturare di esso l’intero campo pittorico. La stessa opzione verso il realismo è conseguente: mira a restituire una presenza fisica inequivocabile, vuoi di una sedia come di un cavalletto, di una veste e così via. Ma questa concentrazione sull’oggetto comporta anche alcune rimozioni: quasi che la Boretti, sentendo il dovere di risarcire le cose, si veda costretta a ristabilirne il primato “a scapito” dei contesti, sia che questi li si voglia intendere come quella griglia spaziale in cui una volta gli oggetti “respiravano”, sia che li si voglia intendere come quelle reti simboliche che conferivano valore alle cose stesse. Ma è possibile una cultura dell’oggetto che non sia per ciò stesso, immediatamente e necessariamente, anche una cultura del rapporto che si istituisce tra questo oggetto e gli altri oggetti? E’ possibile essere buoni vicini delle cose prossime evitando nel contempo di reinserirle in una trama di schemi e di convenzioni? E’ possibile davvero una cultura della superficie contro e a dispetto di una cultura della profondità? In assoluto certo non si danno risposte. Ma uno spiraglio, una temporanea via d’uscita dall’impasse, ci viene offerta solo che ci si rapporti al campo conoscitivo in cui ci si muove: quindi innanzi tutto come scelta tra una pittura d’idee, tra una pittura che costituisca un problema e una pittura invece pretenda di risolverlo. Ora i passi compiuti dalla Boretti, la rimozione appunto dell’antico spazio totalizzante a favore di una messa a fuoco integrale dell’oggetto (una sorta di panfocus mirato), hanno lo stesso senso di quella riduzione che Popper assegna a qualsiasi attività scientifica (ma non solo a quella): tendono a circoscrivere, a delimitare un’area di competenza ( e sono forse anche un’implicita riflessione sul fare pittorico). Così non è casuale che gli oggetti sulla tela mettano in moto una tensione dialettica: sono magari sì solo un cavalletto e sparsi “reperti”di un quotidiano anonimo, senza tempo, ma sono anche rispettivamente gli strumenti della pittura e i segni della realtà. Come dire che la pittura non può fare a meno delle cose, come ogni sapere deve mescolarsi con il mondo, e, d’altronde, questo stesso mondo, per “esistere”, ha bisogno di un riconoscimento, anche di quello pittorico. Le stoffe attivano la bellezza timbrica dei colori, il telaio rigoroso di un cavalletto o di una sedia aprono su un’improvvisa virtuale “ratio”. Il conoscere pittorico allora è come il camminare tra le cose non dette e non dicibili. La loro visibilità è la nostra piccola verità certo non più riportabile a quella costellazione di simboli che puntellava ieri i nostri atti. Tale visibilità deve le sue origini ormai ad un sapere debole e non più forte, ad un sapere su palafitte starei per dire, e spetterà quindi a questo tipo di sapere suggerire possibili analogie e connessioni. Ma se, per esempio, nel caso delle calle dipinte dalla Boretti non è fuori luogo riandare con la mente alle incursioni sui fiori effettuate da Mondrian sulla scia di quella “pathetic fallacy” così opportunamente individuata da un critico americano, è giocoforza ricordarsi che si è sempre sul terreno delle ipotesi, delle congetture. Che si navighi a vista, insomma.
BARBARA BORETTI: IL PRIMATO DEGLI OGGETTI
“ I tempi dell’itinerario pittorico di Barbara Boretti sembrano scandire un sempre più decisivo avvicinamento all’oggetto fino a saturare di esso l’intero campo pittorico. La stessa opzione verso il realismo è conseguente: mira a restituire una presenza fisica inequivocabile, vuoi di una sedia come di un cavalletto, di una veste e così via. Ma questa concentrazione sull’oggetto comporta anche alcune rimozioni: quasi che la Boretti, sentendo il dovere di risarcire le cose, si veda costretta a ristabilirne il primato “a scapito” dei contesti, sia che questi li si voglia intendere come quella griglia spaziale in cui una volta gli oggetti “respiravano”, sia che li si voglia intendere come quelle reti simboliche che conferivano valore alle cose stesse. Ma è possibile una cultura dell’oggetto che non sia per ciò stesso, immediatamente e necessariamente, anche una cultura del rapporto che si istituisce tra questo oggetto e gli altri oggetti? E’ possibile essere buoni vicini delle cose prossime evitando nel contempo di reinserirle in una trama di schemi e di convenzioni? E’ possibile davvero una cultura della superficie contro e a dispetto di una cultura della profondità? In assoluto certo non si danno risposte. Ma uno spiraglio, una temporanea via d’uscita dall’impasse, ci viene offerta solo che ci si rapporti al campo conoscitivo in cui ci si muove: quindi innanzi tutto come scelta tra una pittura d’idee, tra una pittura che costituisca un problema e una pittura invece pretenda di risolverlo. Ora i passi compiuti dalla Boretti, la rimozione appunto dell’antico spazio totalizzante a favore di una messa a fuoco integrale dell’oggetto (una sorta di panfocus mirato), hanno lo stesso senso di quella riduzione che Popper assegna a qualsiasi attività scientifica (ma non solo a quella): tendono a circoscrivere, a delimitare un’area di competenza ( e sono forse anche un’implicita riflessione sul fare pittorico). Così non è casuale che gli oggetti sulla tela mettano in moto una tensione dialettica: sono magari sì solo un cavalletto e sparsi “reperti”di un quotidiano anonimo, senza tempo, ma sono anche rispettivamente gli strumenti della pittura e i segni della realtà. Come dire che la pittura non può fare a meno delle cose, come ogni sapere deve mescolarsi con il mondo, e, d’altronde, questo stesso mondo, per “esistere”, ha bisogno di un riconoscimento, anche di quello pittorico. Le stoffe attivano la bellezza timbrica dei colori, il telaio rigoroso di un cavalletto o di una sedia aprono su un’improvvisa virtuale “ratio”. Il conoscere pittorico allora è come il camminare tra le cose non dette e non dicibili. La loro visibilità è la nostra piccola verità certo non più riportabile a quella costellazione di simboli che puntellava ieri i nostri atti. Tale visibilità deve le sue origini ormai ad un sapere debole e non più forte, ad un sapere su palafitte starei per dire, e spetterà quindi a questo tipo di sapere suggerire possibili analogie e connessioni. Ma se, per esempio, nel caso delle calle dipinte dalla Boretti non è fuori luogo riandare con la mente alle incursioni sui fiori effettuate da Mondrian sulla scia di quella “pathetic fallacy” così opportunamente individuata da un critico americano, è giocoforza ricordarsi che si è sempre sul terreno delle ipotesi, delle congetture. Che si navighi a vista, insomma.

Luigi Bernardi
Docente di Storia dell'Arte e Scrittore
Articolo su ECO D’ARTE MODERNA - N. 151 – Gen/Mar 2005
“L’Istante metafisico di Barbara Boretti”
"Spirito deciso, mano che ben asseconda le intenzioni creative e formali, Barbara Boretti sembra potersi muovere con una certa sicurezza tecnica ed ispirativi nel mondo dell’arte visiva. Pittrice capace di replicare opere diverse, ma soprattutto di riprodurre stili avendone come compreso lo spirito interiore, Boretti ha comunque identificato un particolare modo d’espressione fatto di soggetti personali e di formati non correnti. La sua pittura tende alla precisione, rappresentando la dimensione spirituale dell’essere umano, il suo anelito verso un’altra dimensione con forme precise (per quanto indefinite), quindi sì con tracce della sua carnalità, ma anche fuori di una dimensione quotidiana e, quindi, dalla storia. I drappi che sulle superfici compositive avvolgono o accompagnano le figure protagoniste delle opere di questi ultimi anni, forse rappresentano i ricordi, intesi come mondo di affetti e sensazioni di cui l’essere umano è intriso, certo mimano la parte sicura della vita, come se essi si sostituissero alla famiglia, agli affetti, a tutto quanto appare appiglio certo. La figura sempre senza volto che campeggia protagonista intenzionale di queste superfici pittoriche sembra, dunque, rappresentare la parte spirituale delle composizioni, sorta di messaggero proveniente da un mondo diverso. La stessa particolarità dei formati che le superfici di lavoro offrono all’osservazione del fruitore, parla di una manualità o voglia di fare (materialmente) che aggiunge un tono artigianale, calorosamente partecipativo, ad un’espressione d’arte: la diversità dei formati appare, così, legata molto spesso, se non sempre, ai significati interni dell’opera stessa, ora con accentuate verticalizzazioni come ne “Lo spirito dell’Estate”, ora sottolineando il soggetto prescelto come “Abbraccio”, con un taglio stretto e lungo esaltante il senso di svolgimento, oppure ancora dinamicizzando il soggetto con la sua triangolarità per un omaggio a Firenze. Tale esperienza proviene da due precedenti serie di opere (o momenti) definibili qui come la serie della dimensione spaziale e la serie delle colonne: mondo classico, atemporalità, messaggio etico eterno, sono alcune delle componenti di quest’ultime, rintracciabili certo anche nell’attuale momento creativo, appunto legato ad un riflessivo, pacato, positivo, mai drammaticizzato istante metafisico.
"Spirito deciso, mano che ben asseconda le intenzioni creative e formali, Barbara Boretti sembra potersi muovere con una certa sicurezza tecnica ed ispirativi nel mondo dell’arte visiva. Pittrice capace di replicare opere diverse, ma soprattutto di riprodurre stili avendone come compreso lo spirito interiore, Boretti ha comunque identificato un particolare modo d’espressione fatto di soggetti personali e di formati non correnti. La sua pittura tende alla precisione, rappresentando la dimensione spirituale dell’essere umano, il suo anelito verso un’altra dimensione con forme precise (per quanto indefinite), quindi sì con tracce della sua carnalità, ma anche fuori di una dimensione quotidiana e, quindi, dalla storia. I drappi che sulle superfici compositive avvolgono o accompagnano le figure protagoniste delle opere di questi ultimi anni, forse rappresentano i ricordi, intesi come mondo di affetti e sensazioni di cui l’essere umano è intriso, certo mimano la parte sicura della vita, come se essi si sostituissero alla famiglia, agli affetti, a tutto quanto appare appiglio certo. La figura sempre senza volto che campeggia protagonista intenzionale di queste superfici pittoriche sembra, dunque, rappresentare la parte spirituale delle composizioni, sorta di messaggero proveniente da un mondo diverso. La stessa particolarità dei formati che le superfici di lavoro offrono all’osservazione del fruitore, parla di una manualità o voglia di fare (materialmente) che aggiunge un tono artigianale, calorosamente partecipativo, ad un’espressione d’arte: la diversità dei formati appare, così, legata molto spesso, se non sempre, ai significati interni dell’opera stessa, ora con accentuate verticalizzazioni come ne “Lo spirito dell’Estate”, ora sottolineando il soggetto prescelto come “Abbraccio”, con un taglio stretto e lungo esaltante il senso di svolgimento, oppure ancora dinamicizzando il soggetto con la sua triangolarità per un omaggio a Firenze. Tale esperienza proviene da due precedenti serie di opere (o momenti) definibili qui come la serie della dimensione spaziale e la serie delle colonne: mondo classico, atemporalità, messaggio etico eterno, sono alcune delle componenti di quest’ultime, rintracciabili certo anche nell’attuale momento creativo, appunto legato ad un riflessivo, pacato, positivo, mai drammaticizzato istante metafisico.

Federico Napoli
Critico d'Arte
PRESENTAZIONE in MONOGRAFIA
" Le colonne di Barbara Boretti sono personaggi togati fermi sul proscenio. Luci bianche, spietate, oggettivano ogni dettaglio. Nel silenzio assoluto, insostenibile d'una rappresentazione senza una parola, senza un movimento, senza un battito di ali o un colpo di tosse, s'impone agli occhi e alla mente ogni viluppo dei panneggi, ogni scanalatura, ogni "nuance" di colore: è come assistere ad una funzione religiosa ove il tempo è sospeso e l'attenzione si ferma sulle evoluzioni del fumo d'incenso favorendo il riaffiorare di arcane sensazioni alle soglie della memoria, con dolce ma profondo effetto straniante. … Simmetricamente le pieghe e le mosse dei variopinti tessuti, appoggiati alle architettoniche presenze, non si sciolgono mai in morbidezza languida mantenendo sempre un'apprezzabile rigidità, e il loro moltiplicarsi non è mai caotico cosicchè, pur esaltando l'originalità di ogni singolo percorso plastico, il pennello di Barbara Boretti chiarisce sempre, grazie ad un chiaroscuro rigoroso ed ineccepibile, ogni dialettica spaziale: una metafora per parlarci della natura complessa ma sempre comprensibile della femminilità, della forza nella fantasia e nella felicità espressiva della donna di oggi…. Nelle opere più recenti questa dipendenza dall'influsso astrale nella dimensione umana sembra farsi più cospicua: come nel film di Bunuel, in una plaga remota di un mondo sconosciuto e inospitale compare misteriosamente il "logo" sintetizzato dalla Boretti e altrettanto mistericamente il paesaggio sembra più ricco di umanità.
Se la colonna è frutto maschile di operatività e creatività razionalizzante, il tessuto è dono della paziente applicazione della donna al telaio: questi oggetti che per la Boretti sono complementari, volano nell'universo a legare passato e presente, spirito e carne, sentimento e passione forieri dell'ultimo inestinguibile anelito di vitalismo di origine divina. Il triangolo entro il quale stanno spesso assieme lune e colonne, pietre e panneggi, altro non è che la simbolica figura equilatera che contiene l'occhio mistico del Creatore.

Alvaro Spagnesi
Critico d'Arte
Articolo su ECO D'ARTE MODERNA - n. 143 – Sett/Ott. 2003
"UN COSMO INCONSUETO"
"Vedere le ultime opere della produzione di Barbara Boretti, è come vedere un mondo nuovo, un cosmo inconsueto, dove angeli – manichini si propongono improvvisamente, nella loro semplicità grafica fatta di forme lineari che si arricchiscono d’ali insolite realizzate con tessuti saporosamente plastici i cui effetti cromatici ti prendono in un rapimento istantaneo. Avevo già visto in passato i lavori di Barbara, dove il mestiere era decisamente presente, i lunghi anni di accademia le avevano insegnato ad usare i materiali e le varie tecniche pittoriche: l’antica pittura su tavola il cui fondo oro fa trasparire a tratti il rosso del bolo che esalta le sacre immagini dai volti bizantini che ti osservavano con i loro sguardi languidi e poi le velature come gli artisti del rinascimento o l’ intelligente uso dei più asettici acrilici; tuttavia spesso nella sua pittura, le presenze di elementi classici riconducevano alla mente una rivisitazione intellettualmente nuova della cultura metafisica. Poi lentamente è iniziata una nuova era, Barbara ha cominciato ad emergere dal profondo del suo io liberando la mente dal passato e movendosi sempre di più in quella che era la sua ricerca, i lunghi anni di lavoro, l’esperienza dell’insegnamento che l’ ha arricchita di quella sensibilità che solo il rapporto con gli altri può dare, ha cominciato a dare i suoi frutti, lentamente una piacevole monocromia prende vita sulla tavolozza che era ricca e vivace ma in ogni modo acerba; gli azzurri delle stoffe plasticamente stropicciate formano impossibili ali assumendo colori celestiali, e poi loro i protagonisti, angeli o androgini. Non c’è dato saperlo. Forse Barbara nella sua ingenuità artistica lascia ad ognuno di noi la possibilità di decidere, i corpi sono impalpabili, il contrasto con le ali di tessuto è forte, ma com’è spesso accaduto agli artisti più intelligenti e rappresentativi del novecento italiano, Barbara ha un accenno malinconico al passato: accende improvvisamente l’uniformità cromatica con note di colore vivacemente piacevoli. Ecco che grandi girasoli attirano lo sguardo dell’osservatore, che appare quasi ipnotizzato, su questi giochi cromatici che interrompono la serena monocromia, poi quasi per giocare con le forme in assoluta libertà, l’ artista si lascia trascinare da una scomposizione della tela in tanti frammenti che non vogliono essere una moltiplicazione sterile del suo lavoro, ma un modo di creare elementi grafici, quasi un ritorno al mondo arcaico dei polittici le cui iconografie interrompevano i silenzi liturgici delle cattedrali romaniche, con la spiritualità dei fondi dorati e la molteplicità delle immagini sacre. Così come allora, questi pannelli, permettono al meravigliato osservatore di muoverli in assoluta libertà e determinare egli stesso le immagini che più ritiene opportuno. Forse per Barbara ciò che mostra può essere solo un’altra tappa del suo percorso artistico, ma evidentemente la maturazione ha già cominciato a lasciare il segno e sicuramente quelle successive non saranno tappe ma sereni traguardi che determineranno un ulteriore stimolo creativo dell’ artista.
"Vedere le ultime opere della produzione di Barbara Boretti, è come vedere un mondo nuovo, un cosmo inconsueto, dove angeli – manichini si propongono improvvisamente, nella loro semplicità grafica fatta di forme lineari che si arricchiscono d’ali insolite realizzate con tessuti saporosamente plastici i cui effetti cromatici ti prendono in un rapimento istantaneo. Avevo già visto in passato i lavori di Barbara, dove il mestiere era decisamente presente, i lunghi anni di accademia le avevano insegnato ad usare i materiali e le varie tecniche pittoriche: l’antica pittura su tavola il cui fondo oro fa trasparire a tratti il rosso del bolo che esalta le sacre immagini dai volti bizantini che ti osservavano con i loro sguardi languidi e poi le velature come gli artisti del rinascimento o l’ intelligente uso dei più asettici acrilici; tuttavia spesso nella sua pittura, le presenze di elementi classici riconducevano alla mente una rivisitazione intellettualmente nuova della cultura metafisica. Poi lentamente è iniziata una nuova era, Barbara ha cominciato ad emergere dal profondo del suo io liberando la mente dal passato e movendosi sempre di più in quella che era la sua ricerca, i lunghi anni di lavoro, l’esperienza dell’insegnamento che l’ ha arricchita di quella sensibilità che solo il rapporto con gli altri può dare, ha cominciato a dare i suoi frutti, lentamente una piacevole monocromia prende vita sulla tavolozza che era ricca e vivace ma in ogni modo acerba; gli azzurri delle stoffe plasticamente stropicciate formano impossibili ali assumendo colori celestiali, e poi loro i protagonisti, angeli o androgini. Non c’è dato saperlo. Forse Barbara nella sua ingenuità artistica lascia ad ognuno di noi la possibilità di decidere, i corpi sono impalpabili, il contrasto con le ali di tessuto è forte, ma com’è spesso accaduto agli artisti più intelligenti e rappresentativi del novecento italiano, Barbara ha un accenno malinconico al passato: accende improvvisamente l’uniformità cromatica con note di colore vivacemente piacevoli. Ecco che grandi girasoli attirano lo sguardo dell’osservatore, che appare quasi ipnotizzato, su questi giochi cromatici che interrompono la serena monocromia, poi quasi per giocare con le forme in assoluta libertà, l’ artista si lascia trascinare da una scomposizione della tela in tanti frammenti che non vogliono essere una moltiplicazione sterile del suo lavoro, ma un modo di creare elementi grafici, quasi un ritorno al mondo arcaico dei polittici le cui iconografie interrompevano i silenzi liturgici delle cattedrali romaniche, con la spiritualità dei fondi dorati e la molteplicità delle immagini sacre. Così come allora, questi pannelli, permettono al meravigliato osservatore di muoverli in assoluta libertà e determinare egli stesso le immagini che più ritiene opportuno. Forse per Barbara ciò che mostra può essere solo un’altra tappa del suo percorso artistico, ma evidentemente la maturazione ha già cominciato a lasciare il segno e sicuramente quelle successive non saranno tappe ma sereni traguardi che determineranno un ulteriore stimolo creativo dell’ artista.

Gerardo Gelardi
Artista e Supervisiore degli spazi per le Opere d'Arte
Saranno famosi... Barbara Boretti
“Le Cose e lo Spirito"
“ Fluidità, energia materiale ed energia cosmica, vita: questi sono i termini che mi vengono subito alla mente osservando i quadri di Barbara Boretti e che ritengo siano i valori interni alla sua pittura. Una pittura che si caratterizza tanto per la forza cromatica degli accostamenti timbrici, quanto per la visione che attinge a fonti remote dell'immaginario nella più concreta attualità (nelle sue opere troviamo riferimenti alla cultura classica e alla new age) quanto ancora per la scelta dei soggetti: colonne, drappi, pianeti, angeli. Tutto eseguito con una tecnica di rappresentazione molto raffinata. Pittura attenta al vero nello spirito di fedeltà alla tradizione. E questa perfezione non è fine a se' stessa: la resa esatta è il magico portale che consente di arrivare al di là del reale; là dove puoi penetrare nei silenzi cosmici, toccare le ombre delle colonne o fiutare l'odore delle stoffe, assaporare il fantastico, gli enigmi. L'iconografia della Boretti è un crogiolo dove alcune forme fisse (colonne, drappi, pianeti) si mescolano di continuo in una fisiologia misteriosamente regolata, nella rigorosa e lucida ricerca di un equilibrio assoluto, di una concezione misterica della visione del mondo. L'artista attraverso la pittura si pone in silenziosa, assorta, quasi mistica, contemplazione della realtà. E i suoi soggetti semplici diventano allora gli elementi di un processo alchemico, investiti di risonanze psichiche e spirituali. Le forme si pongono come assolute espressioni dell'armonia conflittuale tra natura e storia, unico possibile punto di equilibrio fra l'effimero e l'eterno, tra la metamorfosi e la visione trascendente della vita. Insomma per quest'Autrice la pittura è manipolazione alchemica dell'universo: strumento attraverso cui analizza il mondo e le sue cose, decifra l'esperienza e la intellettualizza, sublimandola nella rarefatta assolutezza della bellezza, cioè dello spirito.
“Le Cose e lo Spirito"
“ Fluidità, energia materiale ed energia cosmica, vita: questi sono i termini che mi vengono subito alla mente osservando i quadri di Barbara Boretti e che ritengo siano i valori interni alla sua pittura. Una pittura che si caratterizza tanto per la forza cromatica degli accostamenti timbrici, quanto per la visione che attinge a fonti remote dell'immaginario nella più concreta attualità (nelle sue opere troviamo riferimenti alla cultura classica e alla new age) quanto ancora per la scelta dei soggetti: colonne, drappi, pianeti, angeli. Tutto eseguito con una tecnica di rappresentazione molto raffinata. Pittura attenta al vero nello spirito di fedeltà alla tradizione. E questa perfezione non è fine a se' stessa: la resa esatta è il magico portale che consente di arrivare al di là del reale; là dove puoi penetrare nei silenzi cosmici, toccare le ombre delle colonne o fiutare l'odore delle stoffe, assaporare il fantastico, gli enigmi. L'iconografia della Boretti è un crogiolo dove alcune forme fisse (colonne, drappi, pianeti) si mescolano di continuo in una fisiologia misteriosamente regolata, nella rigorosa e lucida ricerca di un equilibrio assoluto, di una concezione misterica della visione del mondo. L'artista attraverso la pittura si pone in silenziosa, assorta, quasi mistica, contemplazione della realtà. E i suoi soggetti semplici diventano allora gli elementi di un processo alchemico, investiti di risonanze psichiche e spirituali. Le forme si pongono come assolute espressioni dell'armonia conflittuale tra natura e storia, unico possibile punto di equilibrio fra l'effimero e l'eterno, tra la metamorfosi e la visione trascendente della vita. Insomma per quest'Autrice la pittura è manipolazione alchemica dell'universo: strumento attraverso cui analizza il mondo e le sue cose, decifra l'esperienza e la intellettualizza, sublimandola nella rarefatta assolutezza della bellezza, cioè dello spirito.
Ercole Ortelli
Critico d'Arte
IL GIORNALE
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Il tema microcosmo-macrocosmo viene trattato da Barbara Boretti nella sua Personale all'Associazione Culturale in maniera profonda di sicuro effetto. Il caos di sentimenti che, ancora non riconoscibili, urgono di venire alla luce, e che l'Artista materializza con la tempera, si evolve in percorsi spirituali chiari, colti, espressi con incisioni. Nelle pitture ad olio, ricche di panneggi, l'Autrice sa trovare l'equilibrio fra il gusto estetico e la tensione dello spirito in cerca dell'Assoluto: l'anima scruta il firmamento che è popolato da astri i quali non sono solo corpi celesti ma anche simboli.
Il tema microcosmo-macrocosmo viene trattato da Barbara Boretti nella sua Personale all'Associazione Culturale in maniera profonda di sicuro effetto. Il caos di sentimenti che, ancora non riconoscibili, urgono di venire alla luce, e che l'Artista materializza con la tempera, si evolve in percorsi spirituali chiari, colti, espressi con incisioni. Nelle pitture ad olio, ricche di panneggi, l'Autrice sa trovare l'equilibrio fra il gusto estetico e la tensione dello spirito in cerca dell'Assoluto: l'anima scruta il firmamento che è popolato da astri i quali non sono solo corpi celesti ma anche simboli.

Lidia Viviani
Giornalista - Critico d'Arte
CATALOGO di Presentazione MOSTRA PERSONALE PRESSO LA GALLERIA PUGLIESE
BARBARA BORETTI E IL SUO SIMBOLISMO
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Nel leggere il “curriculum vitae” di Barbara Boretti, dalla sua prima collettiva, presentata alla Galleria Cepac di Prato, nel lontano 1983, o nel seguire i suoi numerosi spostamenti da Ferrara a Ancona, da Carrara ad Arona, a Milano, si nota subito che questa ancora giovanissima artista, ha iniziato presto a mettersi in evidenza nel mondo dell’arte, e in breve tempo a farsi apprezzare da galleristi, critici, e, naturalmente (che poi è un fattore determinante), a crearsi una larga schiera di ammiratori ed amatori che hanno subito apprezzato la sua perfetta tecnica pittorica che l’ha immediatamente fatta emergere fra tanti giovani preparati e dotati. E’ chiaro che io, scrivendo così, ricordo solamente un aspetto determinante della sua pittura agli inizi della sua carriera; come tanti giovani la Boretti è passata da una fase preparatoria quasi accademica, nella quale metteva in risalto la sua indiscussa bravura e il suo talento nel disegno, per poi passare, con un’esperienza più vasta, ad altre tecniche più raffinate e difficili come le decorazioni sul vetro e tessuto, e trompe l’oeil murali, e poi quella che è la prova del nove di ogni artista, le opere eseguite ad olio su tela o altri supporti. Lentamente, ma costantemente, com’è naturale nel suo temperamento d’artista intellettuale, ha cercato, oltre alle forme pittoriche, anche i contenuti che guidano e determinano il suo “attuale discorso pittorico”. La sua arte, negli ultimi periodi ha percorsi e temi originali, sempre volti al simbolismo: esempio pratico: Pandora è la risposta “compensativa” di Zeus, al furto del fuoco fatto da Prometeo in favore degli uomini: un dono in cambio di un furto, ma al tempo stesso Giove sottrae agli uomini le mitiche età dell’oro e dell’argento. Nella serie dei bauli dipinti con alta maestria dai quali emergono drappi di tessuti, voluttuosamente abbandonati, vi è, in verità, una rappresentazione simbolica dei nostri tesori del nostro “ego”, dei nostri desideri profondi che emergono dal nostro subconscio per misurarsi e confrontarsi con la realtà del mondo. Simultaneamente il tessuto ha significati rievocativi del fato determinato dalle tre parche, dal quale simbolismo mitologico nasce, matura e termina la vita dell’uomo, quindi è il fato ineluttabile che guida la vita dell’uomo. I dipinti che affrontano con grande acume, il tema del mondo classico-ellenico, evidenziati, con dei capitelli inseriti quasi misteriosamente sulla tela, vogliono essere un richiamo costante al simbolismo che lo hanno accompagnato nel suo lento evolversi. Il simbolismo, come il surrealismo, è un modo più vago e al tempo stesso misterioso, di proporre dei concetti e dei prodotti, in un modo enigmatico e quasi da sciarada e rebus, in modo da poter porre dei concetti espressi dall’autore. Prima di terminare questa mia breve presentazione di questa artista brava e veramente impegnata, intendo mettere in risalto, oltre, e l’ho già ricordato, l’efficacia del suo disegno e la perfetta esecuzione dei dipinti, una varietà e brillantezza di colore, una fusione mirabile degli stessi, con dei toni ora smorzati, ora vividi che rendono l’opera ancora più preziosa; segno che la lezione di quel grande artista che è Frank Rinaldo Burattin, che è stato uno dei suoi maestri, ha dato buoni frutti. A questa giovane artista spetta ora mettere a frutto le cognizioni apprese, mettere in risalto il suo indubbio talento, misurare la sua costanza e serietà d’intenti, per poter raggiungere vette dorate: a me non rimane che augurarle un avvenire radioso e pieno di soddisfazioni in questa difficile ma affascinante strada che ha intrapreso con tanto coraggio e entusiasmo.
Nel leggere il “curriculum vitae” di Barbara Boretti, dalla sua prima collettiva, presentata alla Galleria Cepac di Prato, nel lontano 1983, o nel seguire i suoi numerosi spostamenti da Ferrara a Ancona, da Carrara ad Arona, a Milano, si nota subito che questa ancora giovanissima artista, ha iniziato presto a mettersi in evidenza nel mondo dell’arte, e in breve tempo a farsi apprezzare da galleristi, critici, e, naturalmente (che poi è un fattore determinante), a crearsi una larga schiera di ammiratori ed amatori che hanno subito apprezzato la sua perfetta tecnica pittorica che l’ha immediatamente fatta emergere fra tanti giovani preparati e dotati. E’ chiaro che io, scrivendo così, ricordo solamente un aspetto determinante della sua pittura agli inizi della sua carriera; come tanti giovani la Boretti è passata da una fase preparatoria quasi accademica, nella quale metteva in risalto la sua indiscussa bravura e il suo talento nel disegno, per poi passare, con un’esperienza più vasta, ad altre tecniche più raffinate e difficili come le decorazioni sul vetro e tessuto, e trompe l’oeil murali, e poi quella che è la prova del nove di ogni artista, le opere eseguite ad olio su tela o altri supporti. Lentamente, ma costantemente, com’è naturale nel suo temperamento d’artista intellettuale, ha cercato, oltre alle forme pittoriche, anche i contenuti che guidano e determinano il suo “attuale discorso pittorico”. La sua arte, negli ultimi periodi ha percorsi e temi originali, sempre volti al simbolismo: esempio pratico: Pandora è la risposta “compensativa” di Zeus, al furto del fuoco fatto da Prometeo in favore degli uomini: un dono in cambio di un furto, ma al tempo stesso Giove sottrae agli uomini le mitiche età dell’oro e dell’argento. Nella serie dei bauli dipinti con alta maestria dai quali emergono drappi di tessuti, voluttuosamente abbandonati, vi è, in verità, una rappresentazione simbolica dei nostri tesori del nostro “ego”, dei nostri desideri profondi che emergono dal nostro subconscio per misurarsi e confrontarsi con la realtà del mondo. Simultaneamente il tessuto ha significati rievocativi del fato determinato dalle tre parche, dal quale simbolismo mitologico nasce, matura e termina la vita dell’uomo, quindi è il fato ineluttabile che guida la vita dell’uomo. I dipinti che affrontano con grande acume, il tema del mondo classico-ellenico, evidenziati, con dei capitelli inseriti quasi misteriosamente sulla tela, vogliono essere un richiamo costante al simbolismo che lo hanno accompagnato nel suo lento evolversi. Il simbolismo, come il surrealismo, è un modo più vago e al tempo stesso misterioso, di proporre dei concetti e dei prodotti, in un modo enigmatico e quasi da sciarada e rebus, in modo da poter porre dei concetti espressi dall’autore. Prima di terminare questa mia breve presentazione di questa artista brava e veramente impegnata, intendo mettere in risalto, oltre, e l’ho già ricordato, l’efficacia del suo disegno e la perfetta esecuzione dei dipinti, una varietà e brillantezza di colore, una fusione mirabile degli stessi, con dei toni ora smorzati, ora vividi che rendono l’opera ancora più preziosa; segno che la lezione di quel grande artista che è Frank Rinaldo Burattin, che è stato uno dei suoi maestri, ha dato buoni frutti. A questa giovane artista spetta ora mettere a frutto le cognizioni apprese, mettere in risalto il suo indubbio talento, misurare la sua costanza e serietà d’intenti, per poter raggiungere vette dorate: a me non rimane che augurarle un avvenire radioso e pieno di soddisfazioni in questa difficile ma affascinante strada che ha intrapreso con tanto coraggio e entusiasmo.

Domenico Pugliese
Critico d'Arte
IL CORRIERE DELL’ARTE
Passo dopo passo, nel percorso interiore, s’aprono nuove possibilità, nuove forme dell’immaginario che concretizzano sulla tela nuovi paesaggi, nuove dimensioni fisiche, psicologiche, spirituali. Passo dopo passo si presentano nuove soluzioni, idee che sgretolano schemi, teorie, categorie, parametri. … Barbara Boretti affonda il proprio Io in un rarefatto mondo d’incantesimi, ove si sviluppano sinuose pieghe di simbolici tessuti. I colori freddi e l’atmosfera metafisica sospingono lo sguardo nell’inconscio, alla ricerca di antichi segreti.

Silvia Venuti
Giornalista
LA VOCE DI MANTOVA
Barbara Boretti dimostra uno squisito senso del colore, un’abilità tecnica e un’eccezionale fantasia; una pittrice estremamente sensibile e valida. Le sue composizioni fantastico-surreali danno vita ad atmosfere magiche, quasi metafisiche, con forti valori cromatici d’intensa musicalità pittorica. Risente l’influenza di Dova. Nella grafica il segno è incisivo e nelle incisioni dei segni zodiacali e nei lavori decorativi ottiene risultati eccezionali
Barbara Boretti dimostra uno squisito senso del colore, un’abilità tecnica e un’eccezionale fantasia; una pittrice estremamente sensibile e valida. Le sue composizioni fantastico-surreali danno vita ad atmosfere magiche, quasi metafisiche, con forti valori cromatici d’intensa musicalità pittorica. Risente l’influenza di Dova. Nella grafica il segno è incisivo e nelle incisioni dei segni zodiacali e nei lavori decorativi ottiene risultati eccezionali
Giuliano Scacchetti
Giornalista "La Voce di Mantova"
MONOGRAFIA "PIANETA DONNA"
Barbara Boretti ha il dono di coinvolgere pienamente chi guarda nella sua narrazione pittorica. Ambienta “il Silenzio” in un paesaggio sereno, disteso ed essenziale, ma un po’ misterioso, e con tre piani ben definiti: la spiaggia, il mare e le montagne. Sulla spiaggia una figura molto raccolta in sé, custodita da un angelo che, secondo la tradizione cristiana è il guardiano che Dio assegna ad ogni essere umano per resistere alle forze del male che sente dentro di sé, medita nell’assenza di rumori, suoni e voci alla ricerca delle proprie verità esistenziali. L’artista predilige gli azzurri e le ocre con effetti cromatici molto particolari fatti di velature e rarefazioni...
Barbara Boretti ha il dono di coinvolgere pienamente chi guarda nella sua narrazione pittorica. Ambienta “il Silenzio” in un paesaggio sereno, disteso ed essenziale, ma un po’ misterioso, e con tre piani ben definiti: la spiaggia, il mare e le montagne. Sulla spiaggia una figura molto raccolta in sé, custodita da un angelo che, secondo la tradizione cristiana è il guardiano che Dio assegna ad ogni essere umano per resistere alle forze del male che sente dentro di sé, medita nell’assenza di rumori, suoni e voci alla ricerca delle proprie verità esistenziali. L’artista predilige gli azzurri e le ocre con effetti cromatici molto particolari fatti di velature e rarefazioni...

Anna Iozzino
Gallerista
IL CORRIERE DELLA MAREMMA
" Le pieghe di drappi multicolori, come gli stati d'animo, sono visibili sopra colonne o racchiuse dall'antico baule che conserva l'intimità della famiglia. Sopra queste vedute-simbolo splendono corpi celesti che evidenziano la grandiosità degli spazi siderali contrastanti con gli umori del pianeta Terra. Sembra attraverso i quadri di Barbara Boretti di toccare la sacralità del cosmo…

Lidia Viviani
Giornalista - Critico d'Arte
ANNUARIO “IL QUADRATO” - PITTORI E SCULTORI ITALIANI D’IMPORTANZA EUROPEA
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Surrealista di notevole qualità, Barbara Boretti è attratta dalla forza del colore, brava disegnatrice ha saputo trasferire nelle sue tele un mondo di significati particolarmente incisivi, dominando la composizione col ritmo e la bellezza dei suoi scenari. Nei suoi gesti Barbara inserisce il sottile modello grafico che è congeniale a se stessa abbinando un colore che esplode in combinazioni volute bellissime anche quando appare più controllato. Barbara vive di vita propria cercando nelle sue opere significati emozionali raccolti attraverso l’inconscio e realizzati su queste superfici in maniera stupenda

Bruno Cosignani
Gallerista